Una questione di baffi
È vero: i grandi filosofi hanno lunghe barbe intrise di gravità e riflessioni astratte. E mentre giriamo per le strade, non possiamo fare a meno di notare una certa quantità di gente sempre ben vestita e ben rasata.
Tuttavia, io credo sia soltanto una questione di baffi.
Baffi, bibote, brkovi, knír, snor, bajusz, schnurres, baffetti, fúzy, mwstas, baffacci, moustacio, moustakion, mustacchi: ognuno nella vita ha i suoi baffi, coltivati con cura e dedizione.
Sono piccoli amuleti pelosi posti sul labbro superiore, simboli atavici degli intenti più profondi, scaltri ambasciatori addestrati a nascondere un’emozione o a raccontare una storia. Troviamoci un posto per sedere, vedrai che viaggeremo meglio.
In giro per il mondo, ho visto baffi eloquenti e baffi laconici; baffi stravaganti che giocavano a backgammon con il gatto e baffi acculturati capaci di recitare Il codice di Perelà in ritmo settenario.
Mi è capitato di imbattermi, mio malgrado, in finti baffi cresciuti sul volto di persone perbene, e in baffi autentici appiccicati sul volto di farabutti in marsina. Come scoprire che baffi abbiamo davanti, mi chiederai: tirali un poco, ti dico, ma stai attento a come reagisce, il malcapitato…
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